San Giuseppe, il Santo Patrono e San Francesco di Paola protettore della gente di mare.
Nella vita della comunità marettimara esistono varie occasioni in cui si manifesta il forte senso di appartenenza all’isola, di attaccamento alle tradizioni e alla propria cultura, e la festa dedicata a San Giuseppe ne è l’esempio più significativo.
I festeggiamenti in onore di San Giuseppe cominciano il 10 marzo con la novena; la sua immagine, oltre che in chiesa, viene incorniciata presso gli “altari” che le famiglie allestiscono nelle proprie case.
L’atmosfera di festa è già viva il giorno della vigilia per l’alza bandiera con l’effigie di San Giuseppe e l’arrivo della banda musicale, che attraversa le vie del paese a raccogliere fondi per un particolare rito. La sera, infatti, tutta la popolazione assiste al rito della “Duminiara” . Si fanno ardere tre cumuli di fascine di legna composte da arbusti raccolti sull’isola e fatti essiccare per qualche giorno. I tre fuochi rappresentano la Sacra Famiglia; per tradizione, nel fuoco centrale si bruciavano le vecchie barche al grido di “Evviva u Patriarca di San Gnuseppe”, seguito da un corale “Vivaaa”.
Ma eccoci al giorno più atteso, il 19 marzo. La sveglia è di buon mattino, al suono della banda musicale. Nella piazza principale del paese si allestisce un palco, addobbato con ramoscelli di mirto che alla fine della cerimonia adornerà i campiuna delle barche. Dopo il rito religioso, celebrato solitamente dal vescovo della diocesi di Trapani, su una tavola imbandita si svolgerà il tradizionale pranzo detto Ammitata di Santi.
Prima però si è già svolto il rito dell’Alloggiate, sicuramente il momento più commovente e più sentito dell’intera manifestazione, poiché rievoca la fuga in Egitto della Sacra Famiglia in cerca di ospitalità. I tre pellegrini si avviano a bussare simbolicamente il portone chiuso della chiesa accompagnati da un coro di donne che intonano una nenia Per due volte il portone della chiesa verrà sbattuto in faccia ai tre Santi con un secco: “Un c’è posto”. Finalmente al terzo tentativo, alla domanda “Cu è?”, alla risposta “Gesù, Maria e Giuseppe” le porte si spalancano. Le campane suonano a festa e la folla, che aveva ascoltato tutto in religioso silenzio, esulta al grido di “Evviva u Patriarca di San Gnuseppe”.
La musica della banda accompagnerà poi il rito del sacro pranzo, abbondante di pietanze e di dolci offerti dalle famiglie, “a divuzione”: pignolo a base di farina e miele; petra mennula, torrone duro di mandorle e zucchero; cubbàita di giuggiulena, torrone di sesamo; cassateddre di ricotta e tanti dolci tipici siciliani.
Il 20 marzo, ultimo giorno dei festeggiamenti, in mattinata si distribuiscono tre panuzzi per ogni famiglia. La giornata è anche dedicata a San Francesco di Paola, u Santu Patri, protettore della gente di mare, la cui statua viene portata in processione per tutto il paese. Alla sacralità, sicuramente molta sentita, come spesso accade si mescolano elementi profani, come i tradizionali giochi di piazza: pignateddi, iocu antinna, cursa i sacchi, tiro alla fune e i consueti spettacoli serali di varietà e di ballo in piazza, che aggiungono un clima di giocosità e di voglia di stare insieme, in particolar modo con coloro che, emigrati nella terraferma e all’estero, ritornano quasi annualmente in questa occasione per rivedere parenti e amici e scambiare due chiacchiere sul molo con i pescatori, sentire l’odore del mare o il vecchio sapore dei dolci fatti in casa, per non sciogliere il profondo legame con le proprie origini.
La celebrazione per il “Patriarca” San Giuseppe è molto sentita anche a Monterey, cittadina californiana degli Stati Uniti, dove risiede, da oltre un secolo, una compatta comunità di marettimari. Le stesse tradizionali celebrazioni che si svolgono a Marettimo - ma che, per esigenze lavorative si fetseggiano la domenica più vicina al 19 marzo con una piccola processione, l“ammitata di Santi” e una festa finale – coinvolgono tanti italo americani residenti nella contea di Monterey.
Fonte: Associazione CSRT “Marettimo”
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